martedì 28 ottobre 2014

Libertà e partecipazione

Piero Calamandrei raccontava questa storiella a proposito dell’indifferenza per la politica:


Due emigranti traversavano l’oceano su un piroscafo traballante.
Uno dormiva nella stiva e l’altro stava sul ponte e si accorgeva che c’era una gran burrasca con delle onde altissime e il piroscafo oscillava. E allora questo contadino impaurito domanda a un marinaio: «Ma … siamo in pericolo?», e questo dice: «Se continua questo mare, il bastimento tra mezz’ora affonda». Allora lui corre nella stiva a svegliare il compagno e dice: «Beppe, Beppe, Beppe, se continua questo mare, tra mezz’ora il bastimento affonda!». Quello dice: «Che me ne importa, non è mica mio!».


Questo breve apologo mette in luce quella che è l’essenza della nostra democrazia: la partecipazione. Una partecipazione che si è mutata, nel breve tempo, in indifferenza o in aperta ostilità, conducendo molta gente al distacco e al disinteresse nei confronti della politica. In verità, la nostra Costituzione e il nostro ordinamento ci invitano chiaramente ad utilizzare questa facoltà di scelta. L’articolo 49 recita così: tutti i cittadini hanno diritto […] a determinare la politica nazionale.

Che senso ha avere un diritto, e non utilizzarlo? Non equivale forse a non averlo?

Certo, facile accusare: più difficile è collaborare per proporre e costruire. Più difficile, perché così ci si assume la responsabilità di ciò che si è fatto, di ciò che si è costruito, senza poterla più addossare ad altri.

Questo solo può salvare il nostro Paese dal deficit di democrazia che si sta producendo: l’esercizio della libertà, che sta diminuendo parallelamente allo strisciare della crisi economica.
D’altronde, non lo diceva anche Gaber? “La libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione”.

                                                                                                  di Francesco Turra


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